È impossibile guardare il sole, se non attraverso un vetro opaco. Questo a meno che non si tratti di un’alba, oppure di un tramonto. Quando l’intensità della luce percepita è appena all’inizio, oppure quando non ne rimane quasi più.
La nascita e la fine di ogni cosa sono da sempre alla base del romanticismo più puro. Che si tratti di un progetto, del primo e dell’ultimo sorso di birra gelata, oppure di una relazione.
Per scovare il romanticismo di tutto quello che sta nel mezzo invece ci vogliono i filtri. Quelli che scegliamo noi. Quelli che si ricorda soltanto ciò che fa più comodo ricordare.
Anche stasera il sole aveva un’aria squisitamente passeggera. Veniva quasi voglia di ignorarne i raggi.
Così mi sono nascosto in uno spritz, giusto dietro la scorza d’arancia e ho atteso pazientemente che tutto finisse.
Quando è arrivato non mi ha nemmeno calcolato. È passato oltre spostando le ombre delle cose un po’ a caso.
Ho sorseggiato. Poi ho giocato con la lingua a girare i cubetti di ghiaccio. Con un rumore meno importante di quello che avrebbe prodotto il whisky di un Bukowski qualsiasi.
Eppure alcune cosa da chiedere al sole le ho ancora, domande che non ho mai trovato il coraggio di fare.
Per esempio, dove è finita Alice?
Con quali demoni ha fatto l’amore?
Con quante perplessità sta patteggiando per i suoi pensieri?
Adesso non c’è più ghiaccio nel mio bicchiere. L’ultimo sorso è andato. Sulle pareti di vetro si è formata una sottile scia trasparente. Quella che se ci guardi attraverso deforma tutto, anche la realtà.
Ed è in questo preciso istante che posso finalmente fare ciò che desideravo. Abbandonarmi qualche minuto allo schienale di una sedia.
Poggiare maleducatamente i piedi sul tavolino. Chiudere gli occhi e scavalcare un immaginario recinto, insieme a qualche pecora distratta.
In questo altrove a tempo determinato il sole non brucia più. Il ginocchio destro tiene. Anche le mie convinzioni sembrano solide. E io ne approfitto per correre su e giù sul bagnasciuga come 20 anni fa.
Solo.
Disinnescando ricordi.
Ai margini di una spiaggia vuota.
Fino a consumare tutto. Anche l’ultima luce del giorno.
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