Ogni storia è fatta di piccole storie. Come ogni quadro di figure. E ogni figura di linee. E poi ci sono le soglie di non ritorno. Quelle che separano le storie dalle altre storie. A volte faccio fatica anch’io a capire i pensieri che scrivo. Ma ne riconosco sempre il movente profondo. Così lI rileggo. Lo faccio più volte. Dal primo all’ultimo rigo. Con l’immagine nella testa di un me stesso che guarda un telefonino seduto sulle panchine di Villa Borgese. Sui muretti di Lungotevere. O su un vespone azzurro puffo che qualcuno ha lasciato incustodito. Senza catene. Il cielo di stamattina non somigliava a quelli che conservo nella memoria. Frammenti di nuvole e gabbiani immobili, sospesi in un azzurro in tempesta. Vapore acqueo e venti da nord ovest. Masse d’aria in continuo movimento. Un po’ come quelle idee che mentre scrivo faticano a prendere forma. Perché ogni storia. Per quanto complicata. Per quanto confusa. Per quanto vicina, oppure lontana dalla realtà, è comunque alla ricerca del senso. In un realizzarsi continuo di altre piccole storie al suo interno, che invece paradossalmente non hanno alcun fine.
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