La ragione stamattina porta un cappuccetto rosso, ma le starebbe bene un cappellino da baseball. Uno di quelli arancioni con le scritte di una qualche università americana a caso.
La ragione se ne sta seduta su un’altalena sospesa alla fine del mondo. È lei che decide dondolando la sorte di ogni parola. Questa sì, questa no, questa forse e poi tutti quei m’ama o non m’ama stanchi, affacciati sulle cose che hanno smesso di accadere.
La ragione esiste, ma non è un uomo, io lo so. Ascolta ciò che penso e mi rimprovera per come lo scrivo. La ragione è un dizionario che custodisce il significato dei miei allucinanti ritorni. Una foresta di parole dove si perdono le domeniche di giugno e tutti gli altri giorni lasciati a stendere nel mezzo della settimana. Giorni che non hanno molto da raccontare che non sia il mio viaggio.
Da Termini verso Magliana, passando per Piramide. Ci sono storie simili a fermate che vivono slegate da ogni contesto, ma che sono reali come tutte le cose che sfrecciano attraverso un finestrino. Quelle che passano veloci e che puoi far finta di non vedere. Come la data di scadenza sulle vaschette di Nutella. Illusione, pura illusione.
Stamattina c’è odore di olio bruciato e sale nell’aria. Il mare è molto più avanti, ma questo la ragione ancora non può saperlo.
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