E quindi? Quindi niente. Mi chiedo solo dove siano finiti tutti i sorrisi. Dove si è andata a nascondere la mia ironia.
Ogni tanto la vedo fare capolino. Sporgere da una qualche tasca. Temporaneamente perduta come gli accendini di plastica colorati.
Stasera ho intenzione di rubare la luna. A fin di bene, intendo. Ma non ditelo a nessuno. Ai lunatici soprattutto. Ai passanti solitari e a tutti quello che ci vedono riflesso un sentimento.
Ruberò la luna e me ne starò li a sentirvi giudicare in tutte le direzioni. Lui è uno sbadato. Lui è disattento. Lui è solo un multiplo di se stesso. Un incauto idiota. Un bugiardo.
Per questo continuerò a rubare. Per ritrovarmi perso nei vostri giudizi. Ancora e ancora. Ruberò l’orecchio a chi non vuole sentire. L’occhio al padrone. La logica alle scelte giuste. Il tempo a chi non ne riconosce il valore.
Ruberò la valigetta dei colori. Delle albe e dei tramonti. Dei “ti amo” frettolosi e di tutti quegli accidenti mandati, ricevuti e mai contabilizzati.
È stata una notte alcolica, quasi tossica. Senza luna il Tevere rifletteva una luce strana, tremolante, irreale. Una luce perfetta per costringerti in un angolo, sotto a un lampione. Quello in fondo alla solita strada che porta dietro Castel S.Angelo.
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