Ironicamente li definisco “moti perpetui”. Sono quei pensieri che non sentono il bisogno di storicità. Che non hanno “un piede nel passato e lo sguardo dritto nel futuro” come dice Bertoli.
Parole semplici. Lineari. Senza grosse incertezze di fondo. Eppure se le cercano. E se non le trovano. Le creano. Coinvolgendo tutti i ragionamenti che hanno intorno.
Pensieri sfrontati. Per lo più ironici. Si prendono gioco della ragione. Si lasciano scivolare il tempo addosso. Non temono i giudizi delle persone e tendono a farci somigliare alla parte più bella di noi. Creano empatia in una realtà che tende sempre a scoraggiare. A disilludere. A far ripensare.
Nella mia vita io ho assolutamente bisogno dei moti perpetui. Perché sono portatori di una grande forza interiore. Intelligenti, presuntuosi, sfrontati, pieni di carisma, sono tipici di chi è convinto di non doversi mai allineare a una quotidianità che non diverte più.
Io sono tremendamente affezionato ai moti perpetui. Alle parole scritte. Pensate. Rilette. Sono i miei voli pindarici senza troppi passeggeri. Aerei virtuali fatti di riflessioni, dove ogni lettore alla fine crede che sia valsa davvero la pena salire.
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