Scelgo birre gelate. Bicchieri ignoranti. Etichette nazionali che trovo solo nelle trattorie in centro.
Soffriggo bene il guanciale nel proprio grasso. Uso le mezze maniche. Una pasta comunicativa.
Mescolo parmigiano e pecorino a freddo, insieme alle uova e mi arrendo all’idea che dopo la prima spadellata gli schizzi arriveranno ovunque.
Scelgo una colonna sonora adatta. Luca Barbarossa che canta “la dieta”. Un antidoto alla noia. Curo i colori come se fossi un medicromatico.
Prima il bianco della chiara dell’uovo, poi il giallo scuro, poi tutti i rossi, infine i riflessi chiari che non anneriscono col pepe.
Benedico il macinapepe che non lascia cadere una granella troppo grande. Inopportuna. Poi aspetto il temporale. Lo hanno annunciato su Roma, ma niente. Nessun lampo. Nemmeno un tuono lontano.
Per lui avrei lasciato l’ultimo sorso di birra, e canticchiato la filastrocca dell’addio.
Pensavo a quello che rimane dei posti dove sono stato. La bellezza dei luoghi alimenta i ricordi, le sensazioni nutrono la memoria.
Ma se qualcosa ti rimane nel cuore è perché ti rammenti come eri in quel luogo, in quel momento, con quella persona o magari da solo. A me succede così. Ma io sono strano. Difettoso.
Apro la seconda birra prima di mantecare la pasta Termino il soffritto. Lo guardo come si guarda una donna coi lineamenti di un angelo. Ti voglio bene, penso. E poi sussurro un buon appetito che somiglia a un arrivederci.
25 agosto 2019 alle 9:53 am |
Niente.
Neanche una goccia d’acqua.
Zero totale.
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25 agosto 2019 alle 9:54 am |
P.s.
Comunque… Buon appetito lo stesso
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