Non sono capace a catalogare i ricordi. Il mio è un romanticismo poco cronologico e assolutamente illogico. Ricordare è solo un atto di amore nei confronti del tempo. Del mio tempo.
Ieri sera discutevo con Jep proprio di questo. Lui mi ha sorriso, come fa solitamente, con quella sua affabilità tipica di chi ha visto quello che gli altri non si sono mai nemmeno fermati a osservare.
Abbiamo ironizzato del mio disordine e dei miei ossimori. Dei miei racconti pieni di dilettantismo, refusi e retorica. A un certo punto però è diventato serio e lo ha fatto stringendomi forte la mano, come chi decide di svelarti un antico mistero.
Allora mi sono seduto e lo sono stare a sentire. “La verità”, mi ha detto, “è che fare ordine nei propri ricordi non è che un modo per rendersi conto del tempo che scorre. È un tipo di conversazione con te stesso. Anzi no. E’ una conversazione con il tuo riflesso”.
Dopo di che, ha mollato la mia mano, si è voltato e ha continuato a fare quello che fa sempre. Guardare fuori dalla finestra. Come se la mie stanze fossero i merli di un castello in aria da cui osservare l’orizzonte.
Ieri sono rimasto un po’ scosso, non posso negarlo. E non tanto perché abbia creduto che potesse avere ragione. Quanto, piuttosto, perché mi sono ritrovato a pensare al “dove”, al “come” e al “quando” di ogni singolo ricordo. Oltre al “perché” e al “per come” di ogni vecchia immagine.
Il mio riflesso. È allora che l’ho visto spuntare fuori da uno specchio nel corridoio. È stato divertente perché eravamo uguali eppure diversi in alcuni dettagli.
La barba, un po’ più scura lui e un po’ più chiara io. Le mani, più esili le mie e appena più in carne le sue.
E quindi? Quindi niente. Il tempo ha un modo tutto suo di raccontare le storie che crediamo di vivere. Non sospira, non usa penne o matite. Per il tempo, ogni uomo è lo schermo illuminato di un lap top in cui si riflette la sua vita.
Difficile non arrendersi a questa evidenza. Difficile resistere al fascino indiscreto delle considerazioni banali. Che sono affascinanti, o almeno lo sono per me, perché rivelano tante cose semplici e impagabili come i monologhi di mia madre.
“Non dedicargli più del tempo che merita” aveva aggiunto Jep. Così ho pensato al mio ridicolo affannarmi e alla canzone dei Subsonica di ieri, “Tutti i miei sbagli”. Quella che ho ascoltato anche qualche minuto fa, quando mi è venuto in mente che volevo scriverlo.
(…nel giorno che sfugge il tempo reale, per sentirmi vivo in tutti i miei sbagli…)
Ma se torno all’inizio di questo foglio elettronico mi rendo spietatamente conto che mentre scrivevo “Non sono capace”, avevo più tempo davanti a me ed ero un istante più giovane del punto che sto per mettere adesso.
4 agosto 2019 alle 12:57 PM |
Bell’articolo, che mi ha fatto pensare a come anch’io insegua invano dei ricordi, che magari non corrispondono nemmeno più alla realtà
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4 agosto 2019 alle 1:41 PM |
Non ho mai vissuto di ricordi, la cosa buffa è che mi ricordo tutto, e quando serve trovo il ricordo giusto.
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4 agosto 2019 alle 4:01 PM |
“…avevo più tempo davanti a me ed ero un istante più giovane del punto che sto per mettere adesso.”
e tutto questo è orribile. Oppure no. Boh. Non so.
Non so mai niente.
E forse è meglio
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6 agosto 2019 alle 12:34 PM |
🤦🏻♂️
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4 agosto 2019 alle 9:13 PM |
Interessante quello che hai scritto e la chiusa è carina un bel po’ e poi quella canzone dei Subsonica è molto bella. Lo dico anche al tuo riflesso eh?
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6 agosto 2019 alle 12:33 PM |
Lui è intollerante a tutto. Personaggio singolare
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6 agosto 2019 alle 9:18 PM
Non proprio singolare…eheh
Buona serata Gianluca.
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