Buongiorno perché è martedì. Perché sono riuscito ad addormentarmi presto e a svegliarmi presto senza pause nel mezzo.
Dormire poco è sempre stata una maledetta consuetudine per me. Una variabile inalterabile. Stamattina la strappo con gli occhi.
Confondo le dimensioni della stanza. Sbadiglio. Riavvolgo i minuti sperando che quello che vedo sia solo un “wolfganghiano” sogno dentro al sogno.
Esistono i concetti lunghi, ma anche i pensieri fatti apposta per stare in poche parole. Quelli per cui bastano due righe, o una frase soltanto. E poi esistono gli sguardi che dicono tutto.
È passato un mese, un’altro ancora. Un altro strato di polvere si è adagiato sul precedente. Il tempo in certi casi non scorre soltanto, si sedimenta.
Cresce in spessore e affievolisce l’acustica dei rumori. Sbiadisce i colori delle immagini, fino a coprirle del tutto.
Nei sogni però resta qualcosa. Magari è solo un’impressione. O più probabilmente una speranza. E poi c’è che io ricordo sempre ogni cosa.
Come quel corridoio. Quelle espressioni. E il profilo del nulla di ciò che resta. La ringhiera arrugginita. La pioggia. Il vento. I mulinelli di foglie secche. La luce intollerante di quel neon sotto la portineria, che tossiva paure e atmosfere gotiche.
La finestra del primo piano. L’odore di muschio bagnato. Le ombre delle persone che mi passavano accanto.
Lo so. Continuo a scrivere cose che non posso comprendere del tutto. Ma Dio mi perdonerà, se esiste. E se non esiste pazienza. “Mi sono capito da solo”.
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